Smart Working vs Lavorare da casa
Lavorare da casa genere l’incrocio di due mondi che sono naturalmente separati per non sempre buone ragioni.
Vediamo i lati positivi, prima di tutto. Puoi bere il tuo the durante le pause anziché il caffè della macchinetta. Hai più tempo a tua disposizione perché non devi spostarti. Puoi lavorare in pigiama perché nessuno ti vede… No aspetta, questo non è un aspetto positivo. Eh no, sei al lavoro, mica ci vai in pigiama al lavoro!
Quando lavori da casa, vestirsi per andare al lavoro è fondamentale.
Il nostro cervello è un po’ stupido: organizza il lavoro sulla base di quello che vede, non di quello che sa. E questo, in un certo senso, ci permette anche di imbrogliarlo. Ovvero, se sorridi il tuo cervello capisce che sei felice, e quindi mette in modo tutta una serie di meccanismi connessi all’essere felice. Si chiama The If Principle e lo trovi spiegato bene nel libro di Richard Wiseman. Se sei curioso, puoi anche approfondire il tema dell’enclothed cognition, ovvero l’impatto che il nostro modo di vestire ha sul nostro modo di pensare, su Science Direct. Dunque, se ti mettessi alla scrivania in pigiama il tuo cervello non si sveglierebbe mai. Ed è proprio questo che fa la differenza fra lavorare da casa e praticare lo smart working (quello vero).
In smart working, smart significa in modo intelligente, mica da casa.
Cosa rende il tuo lavoro intelligente? Tanti piccoli accorgimenti, come adottare uno schema di lavoro-riposo-attività fisica che ti consenta di ottenere migliori risultati, avere un’agenda che scandisca gli obiettivi, stabilire nuove abitudini, imparare a sfruttare la musica nel modo giusto, avere regole per te e per chi vive con te per una sana convivenza, utilizzare strumenti che migliorino le tue performance, avere un setup opportuno, e così via. Sono l’oggetto di questa newsletter.
Smart working non significa portarsi il lavoro a casa, ma studiare un modo di fare meglio quello che facevi prima. E questo può anche aprirti nuove.
In una recente discussione su LinkedIn, l’avvocato Anna Lucia Calò ha richiamato la mia attenzione sul significato di smart working secondo la dottrina italiana:
A livello legislativo, e non solo, lo smart working o lavoro agile, se vogliamo utilizzare la terminologia italiana, non è home working né remote working. Il vero smart working - ex art. 18 e ss. della L. n.81/17 - è una "specifica modalità di esecuzione” del rapporto di lavoro subordinato.
E nel dettaglio, questa prestazione è così definita:
stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi;
senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro;
con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Questa prestazione lavorativa è svolta “in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa". Insomma, non c’entra proprio nulla con il lavorare da casa, anche se lo include parzialmente. In questa situazione in cui tutti ci troviamo, lavorare per cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario diventa però cruciale per migliorare la nostra attività e di conseguenza la nostra giornata.